La donazione di organi a Singapore: obbligo di registrazione e priorità, un modello controverso per l’Italia
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Singapore è uno dei pochi paesi al mondo ad adottare il cosiddetto sistema di "consenso presunto" con applicazioni particolari: se non ti iscrivi attivamente nella lista dei donatori di organi, in caso di necessità non potrai ricevere organi tempestivamente. Questa normativa, conosciuta come Human Organ Transplant Act (HOTA), si basa su un principio etico e sociale che cerca di aumentare la disponibilità degli organi e ridurre le liste d'attesa, ma solleva importanti questioni riguardanti la libertà individuale e l'equità di accesso alle cure. Nel presente articolo analizziamo le caratteristiche di questo modello, gli effetti sociali ed etici nel contesto di Singapore e valuteremo la fattibilità – dal punto di vista costituzionale ed etico – di un'applicazione simile in Italia.

Il sistema di Singapore: consenso presunto con condizioni stringenti
Dal 1987 Singapore applica il Human Organ Transplant Act, che stabilisce che tutti i cittadini e residenti permanenti sono considerati automaticamente donatori di organi dopo la morte a meno che non effettuino esplicita opposizione registrandosi su una lista apposita. La peculiarità di questo sistema consiste nella conseguenza pratica: chi non si registra come donatore perde la priorità nelle liste di attesa dell'eventuale assegnazione di organi per trapianti. Quindi non ricevere organi in tempi brevi può concretamente dipendere da una scelta personale di non adesione.
Il modello ha permesso a Singapore di raggiungere uno dei più alti tassi di donazione pro capite al mondo, riducendo sensibilmente i tempi di attesa e migliorando le possibilità di salvezza di molti pazienti. Tuttavia, la condizione di dover "sottoscrivere" la propria non volontà di donare per non perdere la priorità è stata criticata come una compressione del diritto all'autodeterminazione e della libertà individuale.
Effetti sociali ed etici della normativa
Il sistema ha suscitato un importante dibattito etico su più livelli. Da un lato, è considerato un modello efficace per far fronte alla cronica carenza di organi donati, un problema globale che mette a rischio molte vite. Dal punto di vista collettivo, si basa su una logica di reciprocità sociale: doni se vuoi che, nel bisogno, altri donino a te.
Dall'altro lato, la pressione implicita a registrarsi come donatore – pena l'esclusione o la perdita di priorità nel ricevere cure salvavita – solleva interrogativi sui diritti fondamentali, in particolare sulla libertà di scelta, sul consenso informato e sulla non discriminazione. Vi è il rischio che persone con convinzioni religiose, culturali o personali contrarie alla donazione si vedano penalizzate in maniera sostanziale in una necessità medica.
La fattibilità e i limiti di una tale normativa in Italia
Applicare un modello simile in Italia incontrerebbe significative barriere etiche, sociali e costituzionali. L'Italia tutela la libertà personale e il consenso libero e informato in campo sanitario, principi sanciti dalla Costituzione agli articoli 2, 3, 32 e 117, oltre che dalla Convenzione di Oviedo e dai regolamenti europei sulla bioetica.
Introdurre una norma che lega la possibilità di ricevere un organo alla registrazione preventiva obbligatoria alla donazione potrebbe essere incompatibile con il diritto alla salute e con il principio di non discriminazione. Inoltre, richiedere una "obbligazione morale" o "legale" nella scelta di donazione contrasterebbe con la sensibilità culturale italiana che pone l'accento sull'autodeterminazione e sul rispetto delle convinzioni individuali.
Socialmente, un tale meccanismo potrebbe generare divisioni e sfiducia nel sistema sanitario e negli operatori, oltre a porre a rischio la coesione nella comunità dei pazienti in lista d'attesa.
Conclusioni
Il modello di Singapore offre un esempio efficace e innovativo per aumentare il numero di donazioni di organi, risolvendo crisi di disponibilità che tanti Paesi subiscono. Tuttavia, i forti limiti etici e giuridici ne sconsigliano l'adozione in Italia senza profonde riflessioni e adattamenti. Nel contesto italiano, la via migliore resta l'informazione capillare, la facilitazione della registrazione volontaria e l'implementazione di sistemi di consenso presunto rispettosi del consenso libero e della libertà di scelta individuale.
Il bilanciamento tra efficienza sanitaria e rispetto dei diritti umani sarà decisivo per il futuro della donazione di organi in Italia, puntando su forme di educazione sociale e culturale anziché su sistemi coercitivi.