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La violenza ostetrica in Italia: uno sguardo alla normativa e alle sfide ancora aperte

22.08.2025

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Tempo di lettura: 5 minuti

La violenza ostetrica è un tema sempre più dibattuto a livello sociale e sanitario, poiché riguarda diritti fondamentali legati alla dignità e alla libertà di scelta della donna durante il parto. In Italia, però, a differenza di altri paesi europei, non esiste ancora una legge specifica che riconosca la violenza ostetrica come reato in senso ampio. La normativa vigente contempla soltanto un caso molto limitato: l'infamazione o la lesione dell'onore della donna da parte dell'ostetrica durante il travaglio, previsto dall'articolo 591 del Codice Penale. Questo vuoto normativo lascia ampie zone d'ombra che rendono difficile perseguire e prevenire concretamente tutte le forme di abuso ostetrico, che vanno ben oltre la sola infamazione. 

Il quadro normativo italiano attuale

In Italia, il profilo penale specifico legato alla violenza ostetrica è rappresentato dall'articolo 591 del Codice Penale, che punisce chiunque, mediante fatti o parole, infami o lese l'onore e il decoro di una persona, in questo caso la donna in travaglio, da parte di un operatore sanitario, inclusa l'ostetrica. Questa norma tutela quindi la sfera morale e psicologica ma non introduce un reato più ampio che sanzioni esplicitamente tutte le pratiche mediche lesive della dignità e dell'autonomia della partoriente.

Vari tentativi parlamentari sono stati fatti negli ultimi anni per colmare questa lacuna con proposte di legge che mirano a riconoscere e punire in modo specifico la "violenza ostetrica", includendo atti quali pratiche invasive non consensuali, violazioni della privacy, imposizione di trattamenti forzati o umiliazioni durante il parto. Al momento, però, nessuna di queste proposte è stata approvata come legge.

La violenza ostetrica: oltre l'infamazione

La violenza ostetrica, secondo le definizioni diffuse da associazioni e linee guida internazionali, comprende ogni tipo di comportamento o pratica ostetrica che può ledere la dignità della donna o limitarne la libertà di scelta in modo ingiustificato, inclusi interventi chirurgici non necessari, separazione dal neonato senza motivo, uso improprio di farmaci, o atteggiamenti irrispettosi e umilianti. In Italia, queste forme di abuso non trovano un chiaro riferimento penale, limitando la possibilità di tutela legale per le donne che ne sono vittime.

L'urgenza di una legge dedicata e gli esempi esteri

L'assenza di una legge specifica alimenta un dibattito acceso nella comunità scientifica e civile, sostenuto da diverse campagne di sensibilizzazione. Paesi come il Portogallo hanno già adottato leggi che riconoscono la violenza ostetrica come reato specifico e stabiliscono norme e sanzioni precise, diventando un modello a cui anche l'Italia guarda con interesse.

Nel nostro Paese, molte realtà regionali hanno avviato protocolli per un parto rispettoso e per la formazione del personale sanitario, ma senza l'adeguato supporto della legge nazionale, questi percorsi restano spesso frammentati e senza efficaci strumenti di controllo e sanzione.

Conclusioni

La tutela della donna in travaglio in Italia passa oggi soprattutto dalla protezione contro l'infamazione da parte del personale sanitario, come previsto dall'articolo 591 del Codice Penale, ma rimane aperta una grande sfida: istituire una normativa moderna e completa che riconosca la violenza ostetrica in tutte le sue forme e garantisca diritti e dignità durante la nascita. Il dibattito è vivo e le richieste da parte di associazioni e professionisti crescono, in attesa che anche l'Italia faccia un passo decisivo verso una legge efficace e inclusiva.

  • Codice Penale Italiano – Articolo 591: "Diffamazione
  • Camera dei Deputati: "Proposte di legge sulla violenza ostetrica"
  • Serenis: "Cos'è la violenza ostetrica e come riconoscerla"
  • Save the Children: "Violenza ostetrica e umanizzazione del parto"